Prendiamoci il tempo!

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Nell’alveo della logica contemporanea, per la quale tutto deve essere veloce, il concetto di tempo assume un’unica connotazione: evitare a piè sospinto ogni condizionamento che rallenti la corsa.
Che l’incedere, poi, sia soltanto un muoversi con lena oppure l’avanzare progressivamente durante un “viaggio” qualunque, non esulerebbe dal fatto che la rapidità dell’azione è senza dubbio un pregio, ma soltanto se “educata”.
L’educazione dovrebbe davvero essere considerata in rapporto al tempo. Un vero programma educativo dovrebbe prevedere sia la protezione della spontaneità, quale caratteristica autentica di espressione dell’immediatezza; sia coltivare il desiderio di informare, di avere pazienza, di riflettere e di conoscere.
L’ideale di una conoscenza ben fatta deve educare a gestire il tempo. Senza una solida base culturale, e soprattutto senza addestramento e abitudine al pensare, l’azione diventa attivismo, ossia un fare senza costrutto, una corsa in fondo insensata.
E, allora, saper “prendere tempo” significa: non incalzare, non andare di fretta, ma anche gestire il tempo, padroneggiarlo.
Quando si sogna, cioè quando si immagina come realizzare le proprie aspirazioni, si ha bisogno di individuare il campo d’azione su cui specializzarsi, ed in tal senso il fattore prensile del tempo è fondamentale per concentrarsi su se stessi. L’attesa paziente del riscontro opportuno per iniziare a tirare fuori (in ogni significato) il senso della maturazione del proprio tempo consente di intercettare con accurata perizia ciò che non fa perdere tempo.
In sostanza, fermarsi a pensare non solo fa bene al proprio stile di vita, ma senza di questo non c’è un proprio stile di vita.
Si tratta di scegliere.

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